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Tra silenzi e assenza di prove torna l’ipotesi del Coronavirus creato in laboratorio. Il genetista Gerdol: «Molto improbabile» – L’intervista

04 Giugno 2021 - 06:30 Juanne Pili
Torna in auge l'ipotesi del virus sfuggito da un laboratorio. È davvero plausibile? Lo abbiamo chiesto all'esperto di genomica comparata dell’Università di Trieste

Tornano le suggestioni riguardo a una possibile ingegnerizzazione del nuovo Coronavirus da parte degli scienziati cinesi. Stavolta però non trattiamo le solite tesi di complotto, bensì le affermazioni di alcuni virologi, che filtrate attraverso i media, sembrano sostenere l’ipotesi del virus prodotto in laboratorio come plausibile, tanto quella dell’origine naturale, fino a quando non si potrà escludere con una indagine approfondita. Nessuno di loro abbraccia le teorie cospirazioniste, preferendo definirsi agnostici.

Nella Scienza nulla può essere scartato senza una verifica. Non di meno, prendiamo l’aereo anche se non possiamo verificare che il volo non precipiterà. L’ipotesi più accreditata è che arriverà a destinazione. È stato visto in alcuni studi che parti della proteina Spike (l’antigene che il virus usa per infettare le cellule) risultano da una mutazione del RNA virale relativamente originale rispetto agli altri Coronavirus dei pipistrelli, deducendo quindi che possa essere l’indizio di una modifica artificiale. Ma è davvero un indizio così rilevante? Non proprio. Abbiamo contattato l’esperto di genomica comparata Marco Gerdol per avere maggiori chiarimenti. Prima però facciamo un breve riassunto della situazione.

Per chi ha fretta:

  • Al momento l’ipotesi più accreditata è quella dell’origine naturale, non esistendo al momento evidenze altrettanto significative per tutte le altre;
  • L’ipotesi del virus sfuggito da un laboratorio è menzionata dall’ultimo report dell’OMS come meno probabile;
  • L’ipotesi del virus ingegnerizzato è anche meno plausibile. Nella Scienza però, nessuna opzione può essere scartata senza una verifica diretta.

Analisi

Per delineare uno studio sull’origine di SARS-CoV-2 mancano ancora diversi tasselli. I primi casi di Covid-19 provenivano dal mercato umido di Wuhan in Cina, città dove è situato il laboratorio di un Istituto di virologia criticato già nel 2017 per alcuni dubbi sulla sua sicurezza. Sappiamo che SARS-CoV-2 fa parte della famiglia dei Coronavirus e che i suoi ospiti serbatoio sono alcune specie di pipistrello. Potrebbe esserci anche un ospite intermedio, come il pangolino, ma non ne siamo certi.

L’ipotesi più accreditata è che sia avvenuto uno Spillover: a un certo punto un Sarbecovirus è mutato, divenendo SARS-CoV-2, acquisendo casualmente la capacità di infettare le persone e di diffondersi tra di esse. L’ipotesi che possa essere sfuggito da un laboratorio potrebbe essere fugata facilmente, se solo il Governo cinese garantisse trasparenza, permettendo all’OMS di svolgere indagini importanti, che potrebbero aiutarci a sventare prossime pandemie. In generale sembra più una pezza: se ancora non troviamo il parente diretto del virus è perché lo tenevano nascosto i cinesi per degli esperimenti, secondo l’ipotesi.

Analogamente, possiamo fare un parallelo (non un paragone) coi Creazionisti, i quali siccome non si trova l’antenato diretto dei primi Ominidi, ritengono questa una prova dell’origine divina dell’umanità. Ma un conto è ipotizzare che il virus sia sfuggito; un altro è sostenere che lo abbiano addirittura ingegnerizzato. La prima è una delle ipotesi prese in considerazione nell’ultimo report degli ispettori dell’OMS in Cina, anche se la considerano meno probabile, rispetto a quella dell’origine totalmente naturale. La seconda invece non trova alcun riscontro. Fino a oggi nessun genetista ha dimostrato che esistono parti del genoma di SARS-CoV-2, tali da far pensare a una ingegnerizzazione, la quale richiederebbe di simulare numerose mutazioni puntiformi nel codice genetico, compatibili con quelle di altri parenti trovati di recente, impossibili da attuare con la tecnologia a nostra conoscenza.

Questa differenza non sembra molto chiara nelle recenti affermazioni di alcuni virologi, come l’americano Anthony Fauci e 18 colleghi che hanno recentemente firmato una lettera apparsa su Science. Altri – anche in Italia – sostengono più chiaramente l’ipotesi dell’ingegnerizzazione come plausibile, fino a prova contraria. Quando le loro affermazioni vengono riprese dai media si perde il senso delle dimensioni, lasciando passare il messaggio che tutte queste ipotesi siano di pari probabilità.

Fonti sul virus ingegnerizzato?

Tra i lavori citati dai virologi che sostengono la plausibilità del virus ingegnerizzato, apparentemente considerandola tanto probabile quanto quella dell’origine naturale, ce uno studio che avevamo trattato in un articolo per il progetto Open Fact Checking, apparso su BioEssays nel novembre 2020, di Rosanna Segreto e Yuri Deigin. Gli stessi autori hanno pubblicato un lavoro analogo nel marzo 2021, intitolato “Should we discount the laboratory origin of COVID-19?“. «Gli autori sono membri di una sorta di collettivo formato da diverse figure, per altro non tutti scienziati  – continua il Gerdol -. Deigin per esempio è un imprenditore che ha messo su una compagnia la cui finalità é quella di sviluppare tecniche per bloccare o invertire i processi di invecchiamento. Segreto invece si é occupata fino a questo momento di muschi ed orchidee. I due assieme a una dozzina di altri hanno messo su una sorta di gruppo investigativo indipendente, allo scopo di scrivere una serie di lavori sull’origine della pandemia».

Si parla in particolare dei genomi di RatG13 e RmYN02, due Coronavirus dei pipistrelli trovati dopo il primo focolaio di Wuhan, che secondo alcuni sarebbero lo «stampo» da cui avrebbero potuto ingegnerizzare SARS-CoV-2, oppure avrebbero manipolato tali sequenze per simulare una parentela.

«Il motivo di fondo è sempre quello. Le due sequenze sarebbero state “studiate a tavolino”, ovvero falsificate, quindi secondo loro non andrebbero prese in considerazione; poi c’è la storia del sito furinico, e tanto altro. L’ultimo lavoro in particolare che girava in rete sotto forma di proprietà da mesi, non è molto diverso dallo Yan Report». 

Proprio assieme a Gerdol avevamo analizzato il report che prende nome dalla principale autrice Li-Meng Yan, la quale sosteneva senza dimostrarlo, la presenza di segni di ingegneria genetica nel genoma di SARS-CoV-2. Si è scoperto poi che si trattava molto probabilmente di uno strumento di propaganda anti-cinese, con collegamenti con l’ex spin-doctor di Donald Trump, Steve Bannon.

La mutazione «misteriosa»

Purtroppo per spiegare questi meccanismi occorre entrare nel dettaglio, cosa che può rendere ostica la lettura ai più. Troverete termini come «sito di clivaggio della furina» e altre definizioni come «sito di taglio furinico».

Semplificando e scusandoci per eventuali imprecisioni, vi pasti sapere, che quando vengono usati questi concetti è per definire una situazione in cui la proteina Spike si trova con un pezzo in più (che si ipotizza possa aiutarla nell’infettare le cellule umane), per via di una mutazione del RNA nei 12 tasselli che lo compongono, definiti nucleotidi.

Alcuni virologi ritengono che questo sia un fatto straordinario, spiegabile anche con l’ingegnerizzazione, mentre se esaminiamo meglio il contesto evolutivo, scopriamo che le cose stanno diversamente.

Tra i virologi che sostengono la plausibilità di una ingegnerizzazione si menziona il cosiddetto «sito furinico», similmente a quanto è stato fatto con lo Yan Report e un più recente lavoro teorico norvegese. Una parte della proteina spike (S) presenta un sito di clivaggio della furina, prodotto da una inserzione di 12 nucleotidi nella sequenza del RNA virale, che non é presente in altri Coronavirus isolati dai pipistrelli. Parliamo di una mutazione prodotta da una porzione di RNA virale (dodici nucleotidi in tutto); più precisamente inserita in una posizione che nella proteina Spike può essere localizzata dopo la serina 680.

Si è ipotizzato che queste mutazioni implichino la capacità dei Coronavirus di infettare le persone, legandosi meglio ai recettori delle nostre cellule. Secondo gli stessi virologi tali mutazioni non sarebbero mai state osservate in altri Coronavirus.

«Queste cose mi fanno cascare le braccia – continua il Genetista – adesso sarebbe una novità? Il sito di clivaggio della furina è noto da tempo [ne parlavamo anche noi nel giugno 2020] lo abbiamo trovato fin da subito, perché è stato identificato come potenziale causa dell’infezione da uomo a uomo. Di fatto tutti i Coronavirus hanno un sito di clivaggio in quella posizione. Anche se non in tutti il taglio è adoperato dalla furina». 

Una mutazione «sbagliata» e non necessaria

Quindi qualcosa di straordinario effettivamente c’è. Laddove dovremmo aspettarci un pezzo, ne vediamo un altro, che potrebbe aver permesso il salto di specie dai pipistrelli a noi. «Se andiamo a comparare tutte le sequenze, anche quelle dei quattro Coronavirus endemici umani, e poi MERS-CoV, SARS-CoV-1, tutti i BetaCoronavirus dei pipistrelli, quelli felini, eccetera, hanno nella medesima posizione una arginina, che è l’amminoacido veramente fondamentale per ottenere un taglio propriolitico».

«Tutto questo è fondamentale per l’inserimento della Spike nel virione. Qui si parla in particolare dell’acquisizione di un taglio furinico, che effettivamente espande il range dei potenziali ospiti del virus, che dai pipistrelli può saltare in altri animali. Tutto questo viene presentato invece come fondamentale per garantire esclusivamente l’infettività nell’uomo. Non è vero».

«Innanzitutto se andiamo a prendere i Coronavirus umani, due su quattro hanno il taglio furinico. Sicuramente non lo aveva SARS-CoV-1, quello dell’epidemia di Sars del 2003, mentre lo aveva MERS-CoV, responsabile dell’epidemia di Mers del 2012. Insomma, non è fondamentale per permettere al virus di infettare le cellule umane».

«Ma se guardiamo al sito furinico della Spike di SARS-CoV-2, scopriamo che non è nemmeno ottimale allo scopo. Nella posizione immediatamente precedente alla arginina citata dovrebbe avere una lisina o un’altra arginina, mentre in SARS-CoV-2 troviamo una alanina. Tutte le proteine note come bersaglio di taglio da parte della furina (saranno una cinquantina). Puoi dedurre così quale potrebbe essere quello più adatto».  

La teoria degli “scienziati pasticcioni

Ricapitolando: se il virus fosse stato ingegnerizzato, lo avrebbero fatto degli scienziati pasticcioni, che hanno inserito un sito di taglio non ottimale per infettare l’uomo, costringendo il virus a trovare altri adattamenti fuori dal laboratorio da cui sarebbe sfuggito.

«Mettiamoci nei panni di tali scienziati – continua Gerdol -. Dal punto di vista bio-ingegneristico la scelta dovrebbe andare verso un sito di taglio ottimale. Queste cose vanno contro la logica. Tant’è che questo benedetto sito di taglio furinico nel corso dei mesi sta accumulando mutazioni che lo stanno rendendo più efficiente, nonostante la presunta ingegnerizzazione originale. Per esempio, la variante inglese e ancora di più quella indiana, hanno una mutazione nella stessa posizione (681) che è adiacente al sito di taglio, e che si sospetta sia la ragione della loro maggiore infettività». 

Evoluzione per selezione naturale: un problema di comprensione

Seguendo ancora la teoria dei pasticcioni, sembrerebbe quasi un virus bullizzato che cerca di vendicarsi degli scienziati cinesi che lo hanno menomato in laboratorio. Ma non è possibile che questi avessero pensato a un virus a scoppio ritardato? Avrebbero potuto prevedere che quel sito di taglio si sarebbe evoluto diventando efficiente?

«Non avrebbe nessun senso – continua Gerdol – Nel corso di questi mesi abbiamo avuto la possibilità di osservare numerosi fenomeni di inserzione in diverse varianti di SARS-CoV-2 e questo ci fa capire che non si tratta di un fenomeno così raro come qualcuno vuol far credere. È la Selezione naturale che può agire su questi inserti, favorendo mutazioni casuali che ottimizzano la funzione della proteina Spike».

«Eppure questo sito furinico a sentire alcuni virologi sarebbe qualcosa di strano. È vero che i Sarbevovirus, che sono quelli filogeneticamente più affini di SARS-CoV-2 non lo hanno. Anche se alcuni di essi trovati recentemente, come RmYN02, hanno un sito parziale».

È come se avessero un abbozzo di quel che troviamo finito nel SARS-CoV-2. Nella letteratura evoluzionistica questi fenomeni si chiamano exaptation. Nessun elemento di un organismo ha una finalità predefinita e viene riadattato a seconda delle circostanze. Le ali degli uccelli originariamente avevano altri scopi, così come il «sesto dito» dei panda, che li agevolerebbe nel raccogliere i bambù. 

«Non è detto che tutti i virologi si occupino in maniera approfondita di genetica ed evoluzionismo – continua il Genetista – lavorano in altri ambiti altrettanto importanti. Così da questo punto di vista capita che facciano affermazioni errate. Qualcuno inizialmente parlava di un virus che si sarebbe evoluto diventando “buono”, ne abbiamo sentite di ogni tipo».

Conclusioni

Così può succedere che ci si sorprenda di cose che per un esperto di genomica comparata non lo sono affatto. «Si può anche comprendere – continua Gerdol -. Tutti i Coronavirus dei pipistrelli che conosciamo non hanno quel taglio furinico. Se uno non lavora nel campo della genetica potrebbe dedurre che la spiegazione più probabile sia che sia stato aggiunto artificialmente». 

«È come se, vedendo che in Natura i pesci antartici sono gli unici a cui manca l’emoglobina, allora vuol dire che c’è un Dio che li ha fatti così. Ci sono infatti molti aspetti che ricordano la narrazione dei Creazionisti. Abbiamo tutta una serie di incomprensioni dei processi evolutivi. Ma i siti furinici sono stati acquisiti in Natura innumerevoli volte, anche nei virus dell’influenza». 

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